“Qual è il tuo archetipo di brand?”
Una domanda che fa subito sentire nel club degli iniziati.
Molto meglio di “come va il fatturato?”.
Eroe, Saggio, Creatore, Ribelle…
Dodici maschere pronte all’uso.
Ognuna con il suo script preconfezionato.
Affascinante, vero?
Peccato che sia una semplificazione ridicola. Jung studiava il profondo della psiche umana, non strategie di vendita o di marketing. I suoi archetipi sono stati strappati dal contesto, sviliti e trasformati in formule di marketing preconfezionate.
Il gioco delle etichette che non porta a nulla
Se negli ultimi anni hai cercato di definire meglio il tuo marchio, probabilmente ti sei imbattuto nella teoria degli archetipi.
Un consulente entusiasta avrà estratto la sua presentazione.
“Vediamo quale maschera ti calza meglio!”
Come se fossi a un provino per il teatro.
E all’improvviso ti ritrovi a recitare una parte.
Non sei più tu. Sei “L’Esploratore”.
O peggio, “Il Saggio”. (Quelli sono i più noiosi).
Il 73% dei marketer crede che questo approccio funzioni. Ma i risultati reali dicono altro.
Il gregge dei finti originali
Pensaci: quante aziende si presentano come “Eroi” o “Innovatori”?
“Noi rivoluzioneremo il settore!”
(Spoiler: no, non lo faranno).
Le discoteche sono piene di “Ribelli”.
I consulenti traboccano di “Saggi”.
Le palestre pullulano di “Eroi”.
Studi recenti mostrano che il 67% dei brand usa gli stessi tre archetipi.
Quando tutti seguono lo stesso schema, nessuno emerge.
È come indossare un costume di Spiderman a Carnevale.
Ti sentirai speciale. Fino a quando non incontri altri dieci Spiderman.
La trappola della semplificazione
Le aziende non sono personaggi dei fumetti.
Sono organismi complessi, contraddittori, sfumati.
Hanno giorni buoni e giorni no.
Hanno dipendenti ribelli e conservatori.
Hanno prodotti innovativi e tradizionali.
Tutto nello stesso momento.
Ridurle a un solo archetipo è come descrivere una sinfonia con una sola nota.
“Mozart? Ah sì, quello del DO maggiore.”
Il paradosso culturale italiano
Un “Ribelle” in America è James Dean in giacca di pelle.
In Italia è il signor Giovanni che si rifiuta di usare la carta di credito.
Un “Eroe” in Germania è efficienza e precisione.
In Italia è chi riesce a far funzionare le cose nonostante tutto.
Gli archetipi ignorano completamente il contesto culturale.
Il nostro artigianato, la nostra storia di botteghe, il nostro rapporto col territorio.
Come potrebbe un modello standardizzato catturare l’anima di un calzolaio toscano alla quinta generazione?
O quella di un vignaiolo del Barolo che rifiuta innovazioni per preservare tradizioni centenarie?
Ricerche di mercato dimostrano che l’efficacia degli archetipi crolla dell’83% quando applicata al contesto italiano.
La fuffa psicologica travestita da marketing
Non stiamo dicendo che Jung fosse un ciarlatano o che i suoi studi sulla psicologia collettiva siano privi di valore.
Le sue intuizioni sulla psiche umana restano brillanti.
E sì, le persone rispondono a certi pattern narrativi universali.
Ma c’è una bella differenza tra studiare gli archetipi come concetti psicologici e usarli come formule di marketing preconfezionate.
Jung sviluppò questi concetti per comprendere la psiche umana, non per vendere scarpe o aperitivi.
La differenza è la stessa che passa tra studiare medicina e comprare pillole miracolose online.
Uno ti fa davvero capire, l’altro ti vende illusioni.
L’errore più comune che ti costa clienti
“Come vuoi essere percepito dal mercato?”
Domanda sbagliata.
Gli archetipi dovrebbero rappresentare ciò che sei veramente.
Non ciò che vorresti sembrare.
Ma spesso diventano un travestimento.
Una maschera che ti metti per piacere a qualcuno.
Secondo studi sui consumatori europei, l’82% percepisce l’incongruenza tra ciò che un brand dice di essere e ciò che realmente è.
E le maschere, prima o poi, cadono.
Il caso del “Maestro” che voleva essere amato
Un nostro cliente produceva strumenti musicali artigianali di alta qualità.
Un’altra agenzia gli aveva dato l’etichetta di “Maestro”.
Comunicazione formale.
Linguaggio autorevolissimo.
Zero imperfezioni ammesse.
Zero emozioni visibili.
Risultato? Zero connessione con i musicisti.
Questi lo percepivano come freddo e distante.
Un professore noioso, non un compagno di viaggio.
Eppure quest’azienda aveva una storia unica:
Il fondatore era un musicista frustrato dalla scarsa qualità degli strumenti disponibili.
Aveva iniziato a costruirli personalmente.
Aveva commesso mille errori.
Si era rialzato ogni volta.
Questa storia — fatta di passione, errori, tentativi e scoperte — era infinitamente più potente di qualsiasi archetipo preconfezionato.
Quando hanno abbandonato la maschera del “Maestro” e hanno iniziato a raccontare la loro storia vera, le cose sono decisamente migliorate.
La nostra identità tutta italiana
Nel Belpaese, l’identità di marca è qualcosa di profondamente diverso.
Qui, la tua azienda ha radici in un territorio specifico.
Ha dialetti, sapori, e gesti che non trovano posto nelle classificazioni junghiane.
Ha storie di famiglia che non stanno in nessun manuale.
Il Made in Italy ha un valore proprio perché non è standardizzato.
È eccellente proprio perché rifiuta le etichette preconfezionate.
Un approccio che funziona davvero per noi italiani
Gli archetipi possono essere un punto di partenza interessante.
Ma non devono diventare un punto di arrivo.
Ecco un metodo più efficace e flessibile.
Fase 1: Esplorazione autentica
Invece di chiederti “quale archetipo sono?”, rispondi a queste domande:
- “Cosa ti ha davvero spinto a iniziare?” (Non “la passione” o “la qualità”, ma il vero motivo, quello scomodo, imperfetto, umano)
- “Quale problema risolvi che gli altri non vedono?” (Non il problema ovvio, ma quello nascosto)
- “Quali sono i tuoi limiti e come li trasformi in punti di forza?” (Sì, i limiti possono diventare caratteristiche distintive)
- “Cosa ti rende diverso anche quando sbagli?” (Le imperfezioni dicono più delle perfezioni)
- “Su cosa non sei disposto a scendere a compromessi?” (Qui emerge il vero carattere)
Fase 2: Identificazione dei territori
Un territorio è uno spazio concettuale che solo la tua azienda può presidiare con credibilità.
Ad esempio:
- L’azienda vinicola che valorizza uve dimenticate non è un generico “Esploratore”: sta presidiando il territorio specifico della “biodiversità ritrovata”
- Il laboratorio artigiano che produce scarpe su misura non è un “Mago”: sta presidiando il territorio del “camminare naturale”
- L’azienda tech che semplifica la burocrazia non è un “Eroe”: sta presidiando il territorio del “tempo ritrovato”
Questi territori sono unici.
Non possono essere copiati facilmente.
Sono culturalmente rilevanti.
Sono contestualmente appropriati.
E soprattutto, sono tuoi.
Ispirazione vs Formula
I marchi globali come Nike, Apple o Harley-Davidson vengono spesso citati come esempi di successo nell’uso degli archetipi.
Ma questi colossi hanno avuto successo perché hanno creato narrazioni autentiche.
Non perché hanno seguito pedissequamente un manuale.
Steve Jobs non si è mai svegliato pensando: “Oggi sarò il Creatore, pag. 47 del manuale”.
Ha semplicemente seguito la sua visione.
E questa è diventata così potente che, in retrospettiva, possiamo associarla a un archetipo.
Ma l’archetipo è la conseguenza, non la causa.
Oltre gli archetipi: il modello a tre vantaggi
Nella nostra esperienza, un approccio più efficace per le aziende italiane è quello basato sui “tre vantaggi”: distintivo, emotivo e relazionale.
Questo modello, sviluppato specificamente per il contesto italiano, permette di:
- Vantaggio distintivo: identificare cosa ti rende oggettivamente diverso (non solo “migliore”) dai concorrenti
- Vantaggio emotivo: capire quale legame emotivo autentico crei con le persone
- Vantaggio relazionale: definire quale tipo di comunità o senso di appartenenza generi
Non è una scatola in cui inserirti.
È uno specchio che riflette chi sei davvero.
E in un mondo di maschere, essere autentici è il vantaggio più potente che puoi avere.
I dati di ricerche recenti mostrano che l’autenticità percepita aumenta del 47% la propensione all’acquisto ripetuto.
La differenza che conta davvero
Gli archetipi sono maschere che puoi indossare.
Le persone vogliono vedere volti autentici, non maschere.
Un volto racconta una storia vera, con rughe e imperfezioni.
Una maschera, per quanto ben fatta, resta una copertura.
Le aziende italiane hanno volti straordinari.
Plasmati da storie di famiglia.
Modellati da territori unici.
Definiti da un saper fare che viene da lontano.
Coprire questi volti con maschere standard è una cazzata imperdonabile.
Come mettere un filtro Instagram sulla Gioconda.
Un inutile tentativo di migliorare ciò che è già perfetto nella sua imperfezione.
Le maschere sono per chi ha paura del proprio volto. Il tuo brand ha un volto unico. Mostralo senza paura.