Santo Iolo, dall’amore per la terra un vino biologico sostenibile di eccellenza

La produzione di un vino biologico sostenibile inizia dalla valorizzare della terra che lo nutre, rispettando la sua salvaguardia.

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L’amore per la terra genera sempre e solo buoni frutti. Sembra una frase scontata, e di comodo, ma parliamo di sacrosanta verità. C’è un binomio indissolubile tra l’uomo e madre natura, una passione che incontra e valorizza il lavoro nel suo più alto significato.

Ne abbiamo chiacchierato con Irene, proprietaria dell’azienda agricola Santo Iolo nella celebre e verde Umbria, molto vicina ai confini con il Lazio, precisamente nella zona di Narni e Otricoli.

Valorizzare ciò che la terra mette a disposizione, rispettando la sua salvaguardia

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L’azienda Santo Iolo vuole far emergere il territorio in cui risiede in tutto il suo valore. Il processo di lavorazione del vino biologico sostenibile che produce si concentra quasi interamente in azienda, abbattendo tutti i costi e gli sprechi superflui. Conosciamola meglio, partendo proprio dal suo nome.

Il nome suscita curiosità e la spiegazione che ci ha dato Irene ha acceso subito quella magia che solo certe storie sanno trasmettere.

L’origine del nome proviene dal luogo descritto sulle mappe catastali in cui sorge il terreno ma, l’ispirazione che da origine al nome, lascia un velo di mistero! Potrebbe derivare dall’uso del diminutivo di Angiolo, quindi Iolo, oppure essere, a tutti gli effetti, tramandato da un Santo, per l’appunto Iolo, che però non trova conferme in alcun “elenco” di beati.

Beh, poco importa! Irene ci ha esplicitamente ammesso che loro credono nella seconda ipotesi, anzi ne sono certi, infatti, qualche brindisi beneaugurante viene periodicamente dedicato a Santoiolo!

Aldilà dell’origine del nome, una cosa è certa il Santoiolo è un pregiatissimo vino prodotto dai vigneti dell’azienda di Irene e di questo abbiamo parlato per qualche piacevole minuto.

Irene, come nasce l’azienda ?

La mia famiglia è di origini romane e tuttora i miei genitori  hanno residenza nella Capitale ma il piacere di trascorrere il loro tempo nella splendida Umbria è un richiamo spesso irresistibile; abbiamo deciso nel 2003 di avviare questa attività spinti dal desiderio di realizzare qualcosa di unico in un territorio non propriamente famoso per la viticoltura.

Il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Syrah sono state le prime viti che abbiamo impiantato mentre, per quanto riguarda il vino bianco, all’inizio abbiamo semplicemente “importato” da Capalbio l’uva per produrlo ma, dopo pochissimo tempo, abbiamo innestato sul nostro terreno un tralcio proveniente dalla bassa Toscana e ne abbiamo iniziato la produzione con risultati sorprendenti e soddisfacenti.

Un terreno, quindi, che ben si presta alla viticoltura!

Si, decisamente…ricco di fossili e di sostanze nutritive che ci hanno permesso di produrre un ottimo vino di cui andiamo veramente fieri anche per un altro motivo, non meno importante: siamo stati i primi a credere nella viticoltura in queste zone non abituate ad essere riconoscibili per questa attività.

Ad oggi siamo considerati degli autentici apripista in quanto sono nate diverse aziende che stanno proseguendo sulla strada tracciata quasi vent’anni fa dalla mia famiglia.

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Ci hanno colpito un paio di elementi sul vostro sito web: la definizione “Vignaioli Indipendenti” ed alcuni articoli riguardanti la natura e l’amore che avete per tutto ciò che la riguarda.

“Si, siamo “Vignaioli indipendenti” ed è un’etichetta che ci inorgoglisce in quanto ci piace veder trasformato il nostro duro lavoro seguendone gli sviluppi, le fasi lavorative, l’onestà che si evince da questa gestione autentica e trasparente.

Oltretutto questo rende la nostra azienda a tutti gli effetti estremamente sostenibile.

La filiera è gestita interamente il loco e quindi riusciamo a contenere, ed in alcuni casi ad azzerare, lo spreco energetico, basti pensare alle movimentazioni dei prodotti nei vari stati post-produzione (ad esempio il confezionamento o il trasporto a terzi per ulteriori lavorazioni) che vengono evitati grazie alla catena interna.

La natura e l’amore per essa guida il nostro lavoro e siamo attenti ad ogni piccola opportunità possa presentarsi sotto i nostri occhi che sia la forma incredibilmente architettonica di un viticcio oppure la valorizzazione del cibo selvatico, quelle erbe naturali, spontanee che possono essere utilizzate anziché calpestate, anche questa è una forma di riutilizzo ed economia circolare.

Santo Iolo può finalmente fregiarsi dell’etichetta di vino biologico sostenibile.

“Certamente, con la prossima vendemmia acquisiremo il certificato di biologico ma in realtà, in questo caso, è solo un’ufficializzazione di ciò che già eravamo: rotazioni del terreno, filiera produttiva, controllo qualità, nessun additivo chimico rendeva già il nostro prodotto biologico ma ci fa piacere poterlo ufficializzare è senz’altro un valore aggiunto che ci gratifica.

Come vedi il prossimo futuro di Santo Iolo, progetti o obiettivi diversi?

Vogliamo semplicemente rafforzare e migliorare ciò che già facciamo con passione e dedizione; ad esempio, mi piace raccontarlo, produciamo già da qualche tempo altre eccellenze che però non commercializziamo pur essendo di assoluto valore come ad esempio l’aceto balsamico o il miele.

Sono attività che facciamo con piacere proprio nell’ottica di valorizzare tutto ciò che abbiamo in azienda, quello che la terra ci mette a disposizione e i frutti che se ne possono trarre.

Una chiacchierata veramente preziosa quella fatta con Irene alla quale non possiamo che dire grazie e complimentarci per i traguardi raggiunti nonostante la giovane età. Un grande apprezzamento per la valorizzazione del territorio e la sensibilità che mette in campo per la salvaguardia dell’ambiente.

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