Il periodo pandemico sta rappresentando a tutti gli effetti un vero e proprio spartiacque epocale.
Le abitudini della nostra vita lavorativa, familiare e sociale sono state completamente sovvertite, dilaniate, scomposte e ricomposte sulla scia delle restrizioni a cui siamo stati sottoposti e di cui ancora sentiamo le conseguenze, e ne temiamo il ritorno.
Ci siamo dovuti adattare ad una situazione che ci ha spiazzato e costretto a fare scelte inaspettate, inconsuete che hanno cambiato e cambieranno per sempre il nostro modo di vivere.
I ritmi della giornata, scanditi da orari ben delineati, hanno subito drastici mutamenti: inizio e fine della giornata lavorativa, ritorno a casa, attività di svago, momenti sociali , ecc. Tutti inevitabilmente hanno cambiato modo di essere vissuti e consumati.
Quali sono stati i benefici ambientali derivanti dallo smart working?
Smart working e benefici ambientali, considerati in termini assoluti, hanno avuto ovviamente effetti positivi. La ridotta mobilità e il ridimensionamento produttivo di alcune aziende ha inciso profondamente sull’emissione di CO2 facendo si che la respirabilità dell’aria, in particolare nei periodi di maggiore rigore, ha raggiunto livelli oggigiorno impensabili.
Il numero dei lavoratori, che in Italia durante il lockdown ha operato da “remoto”, si stima intorno ai quasi i 7 milioni. Lavorando in media quasi la metà della settimana da casa si è riscontrato un risparmio di emissioni di carbonio notevolmente alto, più del 112% rispetto all’ante-Covid.

Lo smart working può essere il modello del futuro?
I mancati spostamenti hanno inciso profondamente sull’impatto ambientale e sull’inquinamento, ma la domanda da porsi è:
Tale modello può essere una delle soluzioni anche nei periodi “normali”? o semplicemente ci è servito a farci ragionare in modo più consapevole sulle possibilità che la tecnologia ci offre e che possiamo sfruttare per diminuire certi impatti?
I modelli di lavoro ibridi possono certamente apportare benefici ma solo se inseriti in un contesto che analizzi tutta la filiera. Bisogna accertarsi ad esempio che gli uffici che operano con un’occupazione ridotta non debbano esercitare comunque a piena energia, oppure verificare effettivamente lo spreco energetico che si produce nella propria abitazione, magari poco efficientata rispetto all’azienda convertita al modello eco-green.
Insomma le valutazioni da fare sono tante e, seppur con innegabili vantaggi, non sono a nostro avviso il percorso verso il quale debbano essere rivolti gli sforzi.
Lo smart working porta con se una soluzione ottimale ma anche effetti psicologici la cui portata dovrà essere verificata a medio/lungo termine.
La poca socialità a cui siamo costretti, la monotonia, la mancanza di contatto e il delicato equilibrio familiare possono innescare meccanismi interiori difficilmente gestibili.
La mobilità è inevitabile ma va ottimizzata.
Come rendere la mobilità NON nociva per l’ambiente?
In quest’ottica, notifichiamo piacevolmente l’impennata delle auto elettriche o ibride che, con notevole ritardo rispetto ad altri paesi, stanno occupando un segmento sempre più ampio di vendite. Una strada ancora lunga e tortuosa ma che finalmente sta vedendo qualche timido risultato: colonnine per ricarica sempre più presenti, incentivi all’acquisto allettanti e soprattutto una maggior presa di coscienza generale.
Nell’attesa di risultati sempre più soddisfacenti, fa piacere notare come le alternative al mezzo automobilistico siano state incentivate cercando di seguire modelli virtuosi europei che si sono rivolti al mezzo sostenibile per eccellenza: la bicicletta.
Nel Regno Unito, in Belgio, in Francia e in Germania sono numerose le iniziative, sia a livello nazionale che regionale, per incentivare l’utilizzo delle due ruote: rimborso di 23 centesimi al km direttamente in busta paga, detrazioni per le aziende in termini fiscali, detassazione delle bicilette fornite dalle aziende ai propri dipendenti e addirittura bicicletta elettrica come benefit ai dipendenti che possono noleggiarla con una piccola trattenuta sulla busta paga per poi acquistarla a prezzo agevolato.
Quindi fare del bene al pianeta vuol dire farlo anche a se stessi. Il benessere psicofisico che ne deriva già basterebbe a motivare fortemente tale scelta.

Alcune regioni italiane stanno camminando verso questa prospettiva
Spetta all’Emilia Romagna la palma di virtuosità in tal senso.
La regione ha aumentato la platea verso la quale si è rivolto lo Stato con il bonus bici rafforzando l’incentivo ed erogando 50 euro mensili ai lavoratori che utilizzano le due ruote per recarsi al lavoro.
Inoltre ha incentivato il connubio bicicletta/mezzo pubblico, vero Tallone d’Achille italiano, non facendo pagare il biglietto (previsto per una bici tradizionale) a bordo e venendo così incontro alla grande platea dei pendolari.
Introdotto anche un rimborso economico con i 15 centesimi per ogni km percorso che si è stimato portare nelle tasche degli emiliani dai 200 ai 400 euro a seconda della metodica di mobilità (solo bicicletta o mista bici-autobus/treno).
Tali considerazioni sono solo alcune delle tante che possono essere fatte al termine di un periodo particolarmente difficile ma che , come in ogni crisi passata, stimola idee, innovazioni ed ottimizzazioni dando un accelerata a processi spesso già avviati ma di lenta attuazione.