Per il nostro appuntamento con Storie di Sostenibilità abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Andrea Armagni, fondatore di Caju’, azienda di Parma dedita allo sviluppo sostenibile delle imprese.
Proprio come compare sul loro sito www.caju.promo, la squadra di Caju’ si definisce come “un team di consulenti nato per orientare le imprese in scelte strategiche e operative volte a integrare la sostenibilità nella cultura aziendale”. Un proposito davvero interessate, che ci ha spronato a porre qualche domanda per scoprirne di più.
Ciao Andrea, diccelo di nuovo a parole tue: cosa fate in Caju’?
La faccio semplice semplice! Siamo consulenti CSR (la responsabilità sociale d’impresa, ndr) e aiutiamo le aziende ad affrontare il percorso verso un approccio più sostenibile in base alle loro esigenze e possibilità. Con loro, sviluppiamo soluzioni sostenibili che coinvolgano packaging, abbigliamento e altri oggetti di produzione. Il nostro è un approccio culturale, volto anche a sensibilizzare le persone e gli imprenditori verso le problematiche legate all’ambiente. Puntiamo a ridurre al minimo gli sprechi, pensando a strategie e soluzioni personalizzate.

Chi è il vostro cliente tipo?
Sicuramente un’azienda che si fida di noi, che ci sceglie per lavorare sullo sviluppo di un singolo prodotto o di tutto quello che non fa internamente. Spesso lavoriamo per start-up che non hanno ancora uno staff abbastanza nutrito per occuparsi di tutto. Per farvi un esempio chiaro, un’azienda appena nata che vuole produrre degli integratori avrà a malapena le forze per pensare a questi e a poco più. Noi, invece, avremo il compito di sviluppare il packaging, la comunicazione e i prodotti accessori.
Raccontaci qualcosa di Caju’… quando ebbe inizio questa avventura sostenibile?
Prima di cominciare questa avventura ho lavorato per diversi anni in un’agenzia di materiale promozionale come abbigliamento e oggettistica. Questo mi ha permesso di entrare in contatto con un vasto numero di fornitori italiani ed esteri e di farmi rendere conto che molto spesso si tratta di una catena, di un lavoro che impatta moltissimo sull’ambiente producendo grandi volumi e stressando le persone per quanto riguarda la battaglia del prezzo. È un processo che non produce nient’altro che il peggio a livello ambientale. A quel punto decisi di mollare tutto e provare a fare qualcosa per intervenire in questa catena, pensando a delle soluzioni ecosostenibili e mettendo a disposizione delle aziende tutto il mio know how e i miei contatti nei settori di produzione del packaging, dell’oggettistica e dell’abbigliamento.

In quali zone opera Caju’? Dove si trovano i vostri clienti?
In realtà non c’è una zona specifica. Lavoriamo in tutto il territorio italiano e abbiamo clienti che vanno da nord a sud. Recentemente abbiamo deciso di provare a espandere il nostro sguardo anche oltre le Alpi, cominciando a intessere delle relazioni anche con possibili clienti stranieri. La cosa curiosa è che abbiamo trovato una sensibilità verso l’ambiente molto simile a quella che c’è in Italia. Escludendo forse i Paesi del nord, dove l’attenzione verso la sostenibilità è forse maggiore, le altre nazioni europee presentano uno spaccato molto simile al nostro, con clienti molto attenti e altri totalmente ignari delle possibilità che l’ecosostenibilità può offrire. Purtroppo, molti ancora oggi pensano che il fattore ambiente ed ecosostenibile sia solo una moda da sfruttare. Noi però non ci scoraggiamo, tendiamo la nostra mano anche a loro con l’obiettivo di fargli cambiare idea e di renderli davvero più attenti verso la Natura.
Parlaci del futuro di Caju’, qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto? Sicuramente quello di riuscire a sviluppare un sistema di compensazione autonomo e “vicino”, che ci permetta di andare oltre ai sistemi di piantumazione planetaria sviluppati dai grandi colossi come DHL o Treedom. Da poco tempo abbiamo intrapreso una collaborazione con l’Università di Parma (Orto Botanico) per capire se ci sia la possibilità di dare vita a un progetto effettivo di compensazione sul nostro territorio. Questo perché, come mi è stato spiegato, non è (sempre) sufficiente piantare un albero per assorbire la produzione di CO2. Basti pensare che per compensare il 50% della produzione di anidride carbonica emessa dalla Provincia di Parma bisognerebbe riconvertire a bosco tutto il territorio della Provincia stessa. Anche per questo motivo, siamo alla ricerca di soluzioni più concrete, realizzabili e che incidano sulla cultura quotidiana di tutti noi.

Andrea, prima di salutarci devi toglierci una curiosità… cosa vuol dire Caju’?
Il caju è un frutto ricco, dolce e curioso al servizio dell’anacardo, il vero frutto del cajueiro, una meravigliosa pianta brasiliana. La nostra azienda Caju’, come il caju, è in seconda linea, al servizio delle aziende, che rappresentano il prezioso “anacardo”!