Il paradosso della notorietà: quando tutti ti conoscono ma nessuno ti sceglie

Tutti conoscono Taffo, ma basta questo per essere visibili? Il problema nasce quando tutti provano a imitarlo mentendo su chi sono davvero, inseguendo la viralità a ogni costo. Rinunciano a sé stessi per sembrare quello che non sono. Spostare il punto di arrivo da “voglio che tutti mi conoscano” a “desidero che non possano fare a meno di me” potrebbe essere di aiuto. La rilevanza batte la popolarità.

Un balletto “aziendale” rimbalza sui social. Migliaia di like piovono come coriandoli. Screenshot scambiati nelle chat WhatsApp.

Signore e Signori benvenuti nel circo della visibilità contemporanea. Tutti guardano. Tutti commentano.

Solo che alla fine non si capisce chi sia interessato a pagare il biglietto del prossimo spettacolo.

La seduzione della popolarità

La popolarità è veramente irresistibile.

Nel sentire il proprio nome pronunciato da molti. Nel vedere la propria creatività riconosciuta. Nel contare metriche che crescono, crescono, crescono.

È umano. È comprensibile. È anche terribilmente e penosamente ingannevole.

Taffo: il fantasma della rilevanza

Pane al pane: tutti conoscono Taffo Onoranze Funebri. Un caso di studio brillante. Una strategia social audace. Un esempio di come “rompere gli schemi” in un settore tradizionale. Come trasformare un settore “vecchio e intoccabile” in qualcosa di nuovo. Tanto di cappello!

Ma facciamoci una domanda semplice:

Nel momento più doloroso della tua vita, chiameresti davvero chi ha trasformato la morte in meme?

Tu forse no, ma le persone che la “pensano” come Taffo sicuramente sì.

Si chiama posizionamento di brand.

Questo è il fantasma di chi invece si limita a “voler fare come Taffo” senza averlo minimamente messo in un contesto strategico.

Ma che dico … “strategico”?!? … che palle questa strategia.

Non credo che si siano svegliati la mattina dicendo “il nostro cliente ideale è quello che scherza sulla morte” … piuttosto, e aggiungo semplicemente, sono loro ad essere fatti così (personalissima e soggettiva impressione).

L’effetto Taffo

È nato così quello che potremmo chiamare “l’effetto Taffo”:

Aziende che rinunciano a quello che realmente sono.

Comunicazioni che contraddicono l’esperienza reale che poi vivranno i loro clienti.

Tutta la loro storia aziendale ed i propri principi sacrificati sull’altare della visibilità.

“Dobbiamo fare come Taffo” è diventato il tormentone delle riunioni di marketing. Una scorciatoia che promette attenzione immediata. Una tentazione che porta fuori strada.

La metafora della festa

Immagina il tuo settore come un grande festa.

La brand awareness è essere notati quando entri nella stanza. Magari perché indossi un cappello assurdo. O perché gridi più forte di tutti. O perché fai qualcosa di provocatorio.

Ma non sei tu. Non sei spontaneo.

Tutti si girano. Tutti ti guardano. Tutti parlano di te.

Ma poi? Con chi finirai a parlare davvero? Chi vorrà conoscerti oltre il costume di scena? Chi ti cercherà per quello che sei veramente?

La disconnessione fatale

Ecco il problema della notorietà fine a se stessa: crea aspettative che l’esperienza reale non può mantenere.

Il ristorante con i video virali ma il cibo mediocre. L’hotel con le campagne provocatorie ma il servizio sciatto. L’azienda tech con l’immagine irriverente ma i prodotti pieni di bug.

La notorietà attira. Ma è l’esperienza che fa tornare.

Dietro le quinte della viralità

Quello che i report non misurano:

I clienti delusi dall’abisso tra promessa e realtà. I potenziali acquirenti allontanati dal tono inadeguato. La credibilità persa nel rincorrere l’ultima tendenza.

Metriche invisibili, ma devastanti.

Una storia vera (e dolorosa)

Un produttore di vini artigianali. Una storia che parte da lontano e generazioni di persone con esperienza. Un prodotto eccellente, ma vendite stagnanti.

L’amico “espero” consiglia: “Devi essere più visibile.” La strategia: contenuti provocatori, humor nero, commenti irriverenti sull’attualità.

Risultato? Follower triplicati in sei mesi. Engagement alle stelle. Articoli sulla stampa locale.

Ma le vendite? In calo.

Perché chi cerca un vino di qualità non si fida di chi lo promuove come fosse una bevanda energetica. Chi apprezza la tradizione non si riconosce nei meme. Chi vuole autenticità percepisce subito che indossi un vestito non tuo. Sente puzza di bruciato da lontano.

Il vero costo della notorietà

Ogni storia come questa ha un costo che va oltre il budget marketing: Smetti di essere te stesso per diventare quello che credi gli altri vogliano vedere. Perdi il contatto con chi ti ha sempre scelto davvero. Sacrifichi quello in cui hai sempre creduto.

E alla fine non sei più nessuno.

La trappola degli archetipi

Questa corsa alla notorietà si intreccia perfettamente con l’ossessione per gli archetipi di Jung nel branding.

“Dobbiamo essere il Ribelle.” “Puntiamo sul Burlone.” “Facciamo gli Esploratori.”

Una serie di vestiti preconfezionati che promettono di renderti coerente e riconoscibile, ma che finiscono per diventare una camicia di forza.

Il problema? Ti stai comprando un abito completo, con elementi a taglia unica, in un negozio che ha solo 12 modelli prodotti in serie.

Ti entrano male, ti fanno sembrare goffo, e alla fine tutti capiscono che non sono tuoi.

Perché nessuna azienda reale è un singolo archetipo. Esattamente come una persona in carne ed ossa.

L’equivoco della notorietà

C’è un equivoco fondamentale: Confondere l’essere noti con l’essere importanti.

Essere noti significa che le persone conoscono il tuo nome. Essere importanti significa che le persone sentirebbero la tua mancanza.

Non è la stessa cosa. Non lo sarà mai.

Oltre la notorietà: la rilevanza

La rilevanza è l’altra faccia della medaglia. Meno appariscente. Più sostanziale.

La rilevanza non si misura in impression. Si misura in fiducia.

Non si calcola in reach. Si calcola in lealtà.

Non produce picchi virali. Produce relazioni durature.

Il paradosso della brand affinity

Qui sta il paradosso: Più punti alla brand awareness a tutti i costi, meno costruisci brand affinity.

La brand affinity è quel sesto senso che fa dire: “Questo brand parla come me, ci capiamo al volo”, “Questi principi sono anche i miei.” oppure “qui mi sento a mio agio”

Nessun meme può generarla. Nessuna provocazione può costruirla. Nessuna viralità può sostituirla.

Per chi fa le cose con cura

Se sei un imprenditore che:

Mette qualità autentica nei suoi prodotti. Cura ogni dettaglio del servizio. Porta avanti una tradizione con passione.

Ricorda: non devi essere il più rumoroso per essere scelto. Devi essere il più rilevante.

Non devi intrattenere tutti. Devi aiutare qualcuno a realizzare i suoi desideri, soddisfare i suoi bisogni oppure risolvere i suoi problemi.

Non devi essere virale. Devi essere indispensabile.

Un approccio diverso

Immagina di ribaltare l’approccio:

Non chiederti “come posso farmi notare da più persone?” Chiediti “come posso essere più rilevante per le persone giuste?”

Non puntare a “quanti mi conoscono”. Punta a “quanti mi scelgono”.

Non misurare la tua audience. Misura quanti tornano.

La notorietà che conta davvero

La notorietà che crea valore nasce da:

  • Azioni concrete, non provocazioni
  • Coerenza quotidiana, non fuochi d’artificio
  • Relazioni vere, non interazioni superficiali

È più lenta? Sì.

È meno appariscente? Vero.

Ma è anche infinitamente e decisamente più potente.

La domanda rivoluzionaria

La prossima volta che il tuo team marketing parla di aumentare la visibilità, provocalo con questa domanda:

“Vogliamo che tutti ci conoscano, oppure che qualcuno non possa fare a meno di noi?”

Nel primo caso, serve visibilità. Nel secondo, serve sostanza.

E la sostanza è l’unica cosa che non passa mai di moda.

In un mercato saturato di urla, un sussurro attira l’attenzione molto di più. Diventa riconoscibile. Non è la popolarità che costruisce marchi duraturi. È la rilevanza. Non è essere visti da tutti. È essere indispensabili per qualcuno.

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