“Vendi il buco, non il trapano” … ancora con questa str****ta?

La celebre teoria che recita "le persone non vogliono un trapano ma un buco nel muro" contiene un nucleo di verità, ma la sua applicazione ossessiva e letterale ha generato un marketing da quattro soldi. Quando questa massima viene estremizzata, ignora completamente tutto ciò che influenza le decisioni d'acquisto. Non è la teoria ad essere sbagliata, ma il modo forzato con cui viene applicata senza alcun senso critico.

“Le persone non vogliono un trapano, vogliono un buco nel muro.”

Quante volte l’hai sentita? È la frase-tormentone di Theodore Levitt che ogni esperto di marketing ripete come un mantra sacro.

E tutti annuiscono, come se avessero appena scoperto la formula segreta dell’universo.

“Il giocattolo che si mette in bocca tuo figlio che vernice ha?”
“Boh! Ma tanto c’è scritto “Cresce e impara divertendosi!”.

Hai già capito il senso vero?!?!?

Pensare che l’unica cosa che conta è il risultato finale è la stronzata più comune che fanno i marketer superficiali (o sono stato buono definendoli marketer).

Tutto il resto dove lo mettiamo? Caratteristiche del prodotto, qualità costruttiva, esperienza di acquisto e di utilizzato, significato e un milione di altre cose.

Non è il principio ad essere sbagliato. È l’applicazione cieca, acritica e ossessiva che ha avvelenato il marketing moderno.

L’illusione della profondità

Sembra un’intuizione geniale, vero?

Come quelle citazioni che si leggono sui social attribuite ad Einstein mai pronunciate da Einstein.

Ha quel sapore di saggezza immediata che ci fa sentire più intelligenti.

“Ma certo! Le persone non vogliono strumenti, vogliono risultati!”

Peccato che la realtà sia un filino più complicata di così.

Molto più di un bisogno funzionale

Chi compra un trapano professionale da 800 euro vuole solo un buco?

“Sì, un buco nel muro e nel portafoglio.”

Chi sceglie un MacBook vuole solo scrivere documenti?

“Certo, al tavolino di un bar hipster, dopo aver posizionato il portatile con la mela ben visibile a tutti.”

Chi acquista una Ferrari vuole solo spostarsi da A a B?

“Ovviamente. Anche una Panda fa lo stesso tragitto.”

Ma qui sta il punto: la Ferrari è l’esempio perfetto di quanto sia sbagliata la teoria del “buco nel muro”.

Se volessimo solo andare da A a B, basterebbe un’auto qualsiasi (non mentire a te stesso dicendo “vado più veloce con la Ferrari” … esistono comunque i limiti di velocità… e la Panda li sostiene benissimo)

Invece con una Ferrari acquistiamo:

  • Un sogno d’infanzia
  • Un simbolo di riuscita personale
  • Un’esperienza sensoriale unica (il rombo di quel motore di Maranello non è un “rumore”, è una sinfonia)
  • Un biglietto d’ingresso in un club esclusivo
  • Una storia da raccontare

Il trasporto è quasi un effetto collaterale.

Una ricerca di Nielsen conferma che l’identità personale è un fattore decisivo nelle scelte d’acquisto, con consumatori sempre più attenti alle dimensioni simboliche ed emotive dei prodotti.

L’errore di ridurre tutto al bisogno

Le persone non sono macchine guidate solo da necessità funzionali.

Se fossimo guidati solo dalla funzione, non esisterebbero 300 formati di pasta – basterebbe un unico tipo che “riempie lo stomaco”.

Siamo esseri complicati, mossi da:

Emozioni (quelle che ti fanno comprare un gelato a mezzanotte mentre passeggi con il tuo amore sul lungo mare).

Identità (quel libro che non leggerai mai ma metti in mostra per “dire chi sei”).

Appartenenza (lo zaino uguale a quello di tutti gli altri “alternativi”).

Status (l’orologio che fa la stessa cosa del tuo smartphone, ma costa come un’auto).

Estetica (quei mobili scomodi ma “di design” che tanto amiamo in Italia).

Piacere (il caffè che costa cinque volte tanto ma “ha un’altra dimensione” – prova a dire a un napoletano che un caffè vale l’altro…).

Significato (tutto ciò che compri per “sentire” qualcosa).

Uno studio della Harvard Business Review ha identificato ben 30 elementi di valore che i consumatori cercano, andando ben oltre la semplice funzionalità. Questa ricerca dimostra che le persone comprano per motivi molto più complessi del semplice “risultato funzionale”.

I veri motivi dell’acquisto

Il falegname brianzolo che sceglie un trapano professionale cerca:

  • L’affidabilità che non lo tradirà in cantiere (perché i drammi sul lavoro bastano già).
  • Il rispetto dei colleghi che riconoscono la qualità (“bel Makita, Marco”).
  • La soddisfazione di lavorare con strumenti eccellenti (quel “click” perfetto).
  • L’identità di artigiano che non scende a compromessi (anche se poi a casa usa il cacciavite per aprire le lattine).
  • Il piacere tattile di uno strumento perfettamente bilanciato (soddisfazione che nessun “buco nel muro” potrà mai dare).

Curioso: nessuno di questi motivi ha a che fare con “il buco”.

Secondo una ricerca pubblicata su Researchgate, il valore simbolico e identitario è spesso più determinante del valore funzionale nelle decisioni d’acquisto, specialmente nei prodotti italiani di alta gamma.

L’obsolescenza di un approccio

La visione “buco, non trapano” appartiene al marketing degli anni ’70.

L’epoca in cui la pubblicità mostrava casalinghe entusiaste davanti a lavatrici.

I tempi in cui possedere un elettrodomestico era un evento da raccontare ai vicini.

Quando avere un prodotto che “funzionava e basta” era già rivoluzionario.

Ma oggi? Nel 2025? Sul serio? In un paese come il nostro, dove persino per una pasta al pomodoro discutiamo per ore sulla varietà migliore di basilico o di come deve essere fatta la carbonara perfetta?

I dati del Censis mostrano che gli italiani sono sempre più orientati verso acquisti che esprimono valori personali e identitari, ben oltre la funzionalità di base dei prodotti.

Il marketing nell’era dell’abbondanza

Oggi viviamo nell’abbondanza.

Abbiamo dieci modi per fare ogni cosa.

Cento prodotti che soddisfano lo stesso bisogno.

Mille opzioni tra cui scegliere.

Il problema non è più “come faccio a fare un buco?

Il problema è anche – e non solo – “quale trapano farà capire ai miei colleghi che sono un professionista serio?

Quando la frase diventa un alibi

La teoria del “buco non trapano” diventa spesso un alibi.

Un alibi per non approfondire.

Per non capire davvero le persone.

Per creare marketing superficiale.

Per ignorare tutto ciò che è culturale, emotivo, identitario.

È come dire che andiamo al ristorante solo per nutrirci.

O in vacanza solo per riposarci.

O a teatro solo per sederci al buio.

Il vero acquisto è una scelta identitaria

Ogni acquisto dice qualcosa di noi.

A noi stessi (“sono il tipo di persona che usa strumenti di qualità”).

Agli altri (“guardami, so scegliere il meglio”).

Al mondo (“sostengo questo tipo di produzione”).

Il trapano che scegliamo parla della nostra identità.

Del nostro rapporto con il lavoro.

Dei nostri valori.

Della nostra visione.

Il buco? È solo un effetto collaterale.

Le ricerche di mercato di Nielsen mostrano che i consumatori moderni vedono sempre più i loro acquisti come espressioni della loro identità personale, guidati non solo da esigenze pratiche ma da valori e aspirazioni.

L’oggetto come estensione di sé

“Dimmi cosa compri e ti dirò chi sei.”

Non è cinismo.

È la realtà di come funzionano le scelte.

Gli oggetti che scegliamo diventano parte di noi.

Estensioni del nostro essere.

Espressioni del nostro gusto.

Simboli dei nostri valori.

Strumenti della nostra visione.

E sì, a volte anche cose che fanno buchi nei muri.

L’errore di marketing più comune

Concentrarsi solo sul “bisogno” è l’errore più comune.

Porta a comunicazioni piatte.

Genera proposte intercambiabili.

Crea marchi indistinguibili.

E annulla ogni vantaggio competitivo.

Come se invitassi qualcuno in una trattoria toscana dicendo: “Vieni, ti sfamerò.”

Anziché: “Ti farò assaggiare una bistecca come una volta, con l’olio del frantoio a pietra e il vino della collina di fronte.”

Non proprio irresistibile la prima opzione, vero?

Un approccio più ricco e vero

Il marketing efficace comprende che:

  • Le persone cercano significati, non solo soluzioni.
  • Cercano esperienze, non solo funzioni.
  • Cercano storie, non solo prodotti.
  • Cercano relazioni, non solo transazioni.

Come quando un artigiano fiorentino ti vende un portafoglio in pelle raccontandoti da quale conceria viene, quale famiglia la lavora da tre generazioni, e perché ha scelto proprio quella texture.

Il coltello che tuo nonno ti ha lasciato non è “un attrezzo per tagliare”, è un pezzo della tua storia.

La macchina da caffè che hai comprato non è “un dispositivo per estrarre caffeina”, è un’esperienza quotidiana di piacere.

E soprattutto, cerchiamo tutti di sentirci bene con le proprie scelte.

L’esperienza d’acquisto e il valore emotivo sono diventati fattori determinanti nel processo decisionale dei consumatori italiani, che spesso considerano questi elementi più importanti delle caratteristiche puramente funzionali del prodotto.

Nel mondo reale, nessuno compra “solo il buco”

L’artigiano toscano non cerca solo di fare un buco.

Cerca di creare qualcosa di bello e duraturo.

Il buco è solo un passaggio in un processo creativo.

Parte di un’esperienza più grande.

Elemento di una visione più ampia.

È come dire che Michelangelo cercava solo un modo per “togliere il marmo in eccesso”.

Tecnicamente vero. Profondamente sbagliato.

Vai a Carrara e chiedi a uno scultore se cerca “solo” di togliere marmo. Ti guarderà come se fossi matto.

Un nuovo punto di vista

Forse dovremmo ribaltare la famosa frase:

“Le persone non vogliono solo un buco nel muro. Vogliono fare quel buco con uno strumento che rispetti la loro competenza, che rispecchi la loro idea di sé, che offra un’esperienza piacevole e che racconti qualcosa di loro agli altri.”

Non è così immediato.

Non sta su una slide.

Non ha quel sapore di “rivelazione”.

Ma è infinitamente più vero.

E nel marketing, la verità funziona sempre meglio dei luoghi comuni.

Il marketing che funziona davvero

Il marketing efficace non semplifica.

Accoglie la complessità.

Non riduce.

Espande.

Non banalizza.

Approfondisce.

Non impone schemi.

Ascolta storie.

E soprattutto, non presuppone di sapere cosa le persone “vogliono davvero”.

Oltre la formula facile

È tempo di andare oltre le formule facili.

Oltre i mantra ripetuti acriticamente.

Oltre le semplificazioni eccessive.

Verso una comprensione più ricca e profonda delle persone.

Delle loro scelte.

Delle loro vite.

E smettere di far finta che comprino trapani solo per fare buchi nei muri.

La vera sfida del marketing

La vera sfida non è capire cosa le persone “vogliono comprare”.

È capire chi sono.

Chi aspirano a diventare.

Quale storia stanno vivendo.

E come il vostro prodotto può diventare parte significativa di quella storia.

Spoiler: non sarà mai “solo per fare un buco”.

Nel mondo reale, nessuno compra “solo un buco nel muro”. È ora che il marketing smetta di fingere che sia così.

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