Basta cercare “il tuo perché”, mostra “il tuo come”

Un’analisi critica dell’ossessione per il “purpose” aziendale

L’ILLUSIONE DELLA MISSION: QUANDO LE PAROLE NASCONDONO IL VUOTO

Quante volte hai sentito dire che dovresti “trovare il tuo perché”? Da Simon Sinek ai gurù del marketing, il mantra è ovunque: “Le persone non comprano quello che fai, ma perché lo fai”. E così, puntualmente, le aziende si affannano a inventarsi visioni salvifiche e propositi nobili, come se vendere un buon prodotto non bastasse più. “Il nostro perché è rendere il mondo migliore attraverso la vendita di scatole di cartone”. Davvero? Siamo seri.

È ora di svegliarsi: nella maggior parte dei casi, questo ossessivo cercare “il perché” si traduce in dichiarazioni vuote che nessuno crede e che generano più scetticismo che fedeltà. I consumatori non sono ingenui. Sanno distinguere perfettamente tra le belle parole e i fatti concreti. Non vogliono sapere perché esisti, vogliono vedere cosa sai fare – e quanto lo fai bene.

Mentre le aziende perdono tempo ed energie a definire il loro scopo cosmico, i brand che davvero lasciano il segno sono quelli che mostrano la loro maestria, la loro artigianalità, il loro “come”. È questo il vero vantaggio distintivo che fa la differenza.

GOLDEN CIRCLE O GABBIA DORATA: IL MITO CHE COSTA CARO

L’origine di questa ossessione per il “perché” risale al famoso TED Talk di Simon Sinek e al suo modello del “Golden Circle”, che mette al centro il perché, seguito dal come e infine dal cosa. Una teoria affascinante, non c’è dubbio, ma che è stata travisata e portata all’estremo dal marketing contemporaneo.

Quest’approccio ha prodotto un’intera generazione di brand che cercano di vendere aspirine raccontando di voler “alleviare il dolore dell’umanità”, o magliette dichiarando di “vestire i sogni delle persone”. La realtà? Molte di queste aziende finiscono per suonare false, pretenziose o, peggio, ridicole.

Prendiamo casi emblematici come quelli di alcuni marchi di moda che sono falliti nonostante grandiosi “perché”. Avevano bellissimi manifesti valoriali appesi in sede, ma non avevano la solidità del saper fare. O pensiamo a Rifle, storico marchio italiano di jeans, che non è sopravvissuto nonostante una forte identità, perché ha perso di vista l’evoluzione dell’artigianalità e del prodotto in sé. Come nota Sky TG24, Rifle era “in crisi da anni” nonostante i tentativi di risollevare il brand con capitali stranieri, ma il focus era altrove rispetto a ciò che realmente contava: il saper fare.

Tante aziende cadono nella trappola di creare narrative ambiziose sul loro scopo, ma poi falliscono nel tradurle in produzioni eccellenti. Il mercato non perdona questa disconnessione.

NON DIRE CHI SEI, DIMOSTRA COME FAI LE COSE

Il vantaggio distintivo è l’alternativa concreta a questa ossessione per il “perché”. Non si tratta di quello che dici di essere, ma di come fai le cose in modo unico e riconoscibile.

Brunello Cucinelli è l’esempio perfetto di questa filosofia. Non è diventato “il re del cashmere” perché ha dichiarato di voler salvare il mondo, ma perché ha creato un modello di business basato su un’artigianalità eccezionale. Come riporta Isabella Ratti, la sua intuizione chiave fu “colorare il cashmere”, una soluzione pratica e distintiva che ha segnato “l’inizio di un grande viaggio sia umano che lavorativo”. Il suo “come” non è solo un metodo produttivo, ma un intero approccio alla vita e al lavoro che si manifesta concretamente nel borgo di Solomeo.

Il vantaggio distintivo nasce dal tuo modo unico di fare le cose, dalla tua maestria, dal tuo approccio al lavoro. È molto più difficile da copiare rispetto a un “perché” che può essere facilmente replicato o simulato. Mentre chiunque può dire “vogliamo rendere il mondo migliore”, non tutti possono dimostrare una maestria artigianale costruita in decenni di lavoro.

E i clienti lo percepiscono immediatamente. Non appena toccano un prodotto o vivono un’esperienza con la tua azienda, capiscono se dietro c’è vera competenza o solo belle parole. Il “come” non si può fingere.

ARTIGIANI, NON FILOSOFI: IL SUCCESSO SI COSTRUISCE CON LE MANI

Come applicare questa filosofia nella tua azienda? Ecco alcuni passaggi concreti:

  1. Identifica ciò che sai fare davvero bene. Non quello che vorresti saper fare o quello che dici di saper fare, ma ciò in cui hai realmente sviluppato un’eccellenza. Qual è il tuo metodo unico? In cosa sei davvero diverso?
  2. Rendi visibile il tuo saper fare. Non nascondere la tua maestria, ma rendila parte della tua comunicazione. Mostra il dietro le quinte, il processo produttivo, le persone che lavorano con cura e attenzione. Invece di parlare della tua “mission”, fai vedere come lavori.
  3. Investi nel miglioramento continuo del tuo “come”. Anziché spendere risorse in consulenti che ti aiutino a definire il tuo “perché”, investile nel perfezionare le tue competenze, la tua artigianalità, i tuoi processi.
  4. Lascia che siano i clienti a definire il tuo “perché”. Se il tuo “come” è autentico e di valore, saranno i clienti stessi a riconoscerlo e a costruire una narrazione attorno alla tua azienda. Un “perché” che nasce spontaneamente dall’esterno è molto più potente di quello che ti auto-attribuisci.
  5. Punta sulla coerenza, non sulla grandiosità. Non cercare di essere più grande di quello che sei. Meglio essere autentici in un ambito ristretto che pretendere di cambiare il mondo intero. La coerenza tra quello che dici e quello che fai è fondamentale.

La differenza tra un’azienda che dice di “impegnarsi per l’eccellenza” e una che mostra concretamente la propria eccellenza in ogni dettaglio è abissale. Il “come” si dimostra, non si dichiara.

MADE IN ITALY: QUANDO IL SAPER FARE BATTE IL SAPER DIRE

Il panorama del Made in Italy offre numerosi esempi a supporto di questa tesi. Da una parte abbiamo brand storici che hanno costruito il loro successo sul “come”, dall’altra quelli che hanno fallito nonostante ambiziose dichiarazioni di intent.

Prendiamo Zegna, che ha fatto dell’artigianalità tessile la sua cifra distintiva. Come riportato da Business Intelligence Group, questo marchio si distingue per la “alta qualità e artigianalità”, con un “forte impegno nella sostenibilità e nell’innovazione dei tessuti”. Non ha bisogno di dichiarare grandi “perché”: il suo successo deriva direttamente dal modo in cui lavora, dalla cura maniacale per i dettagli e dalla qualità dei suoi prodotti.

O pensiamo a piccole realtà emergenti come quelle citate da Elle, dove designer come Mariaelena Samperi hanno creato brand che fondono “l’eleganza italiana con l’anima gipsy”, sulla base di un’artigianalità che deriva da “pomeriggi trascorsi in veranda con la nonna sarta Elena e la zia ricamatrice Ida”. Qui il “come” non è solo un metodo produttivo, ma una vera e propria eredità culturale che si esprime nei prodotti.

In contrapposizione, troviamo casi come quello di Mariella Burani, un tempo simbolo della moda italiana, che è fallita nonostante un brand riconosciuto. Il Sole 24 Ore l’ha inclusa tra “le imprese storiche fallite”, brand che hanno affogato “dalla crisi ma anche da cattiva finanza e scarso governo dell’impresa”. Avevano forse un “perché”, ma hanno perso di vista il “come” e l’hanno pagata cara.

È la differenza tra chi parla e chi fa, tra chi proclama valori astratti e chi li incarna nel proprio lavoro quotidiano. E i clienti, sempre più attenti e informati, non si lasciano più ingannare.

LA SOSTANZA PRIMA DELLA NARRAZIONE: IL CLIENTE NOTA LA DIFFERENZA

Nel mondo dell’ossessione per il “purpose”, ricordiamoci che i clienti non cercano marchi che cambiano il mondo. Cercano marchi che facciano benissimo ciò che promettono di fare.

Il tuo “perché” può ispirare internamente, ma all’esterno ciò che conta davvero è il tuo “come”. È il tuo vantaggio distintivo, quello che ti rende unico e insostituibile. È il motivo per cui i clienti tornano da te e non dai tuoi concorrenti. Non è questione di avere una missione più nobile, ma di avere un metodo più efficace, una competenza più raffinata, un’esperienza più autentica.

Quindi, la prossima volta che senti parlare dell’importanza di “trovare il tuo perché”, fai un passo indietro e chiediti: “Il mio ‘come’ è all’altezza?”. Perché è lì, nel modo in cui fai le cose, che si nasconde la vera essenza del tuo brand.

Oggi stesso, identifica un aspetto del tuo “come” – un metodo, un processo, un’abilità – che meriterebbe di essere migliorato o valorizzato meglio. E concentrati su quello, anziché affannarti a riscrivere per l’ennesima volta la tua “mission”. I tuoi clienti noteranno la differenza.

Il vero successo non sta nel dire “perché” esisti, ma nel dimostrare “come” fai la differenza. Ogni giorno, in ogni dettaglio.

Condividi con un amico

LinkedIn
WhatsApp
Facebook
Telegram
X

Altri articoli di brand-zine

Ferrari e il potere del “no”

Cosa succede quando un brand ha il coraggio di dire “no”?
Ferrari ha costruito il suo mito sull’esclusività, selezionando i clienti e trasformando la scarsità in desiderio.
Un approccio controcorrente che svela una lezione potente per chi vuole costruire un brand di valore.

Webnovo, refocus your brand
Via Roma, 6 – Soriano nel Cimino (Viterbo)
P.IVA IT01741870560